Attraverso due linee di ricerca indipendenti condotte su più di 80.000 persone, è stato possibile identificare un nuovo gene associato alla Sclerosi laterale amiotrofica (Sla): il Kif5A.
Cnr - Il risultato è frutto di una collaborazione internazionale a cui hanno partecipato diversi ricercatori italiani, fra i quali Francesca Luisa Conforti e Sebastiano Cavallaro dell’Istituto di scienze neurologiche del Consiglio nazionale delle ricerche (Isn-Cnr).
Conforti, in particolare, oltre a rappresentare una dei genetisti di riferimento per la SLA in Italia, collabora da anni nel Consorzio ItalSgen coordinato da Adriano Chiò dell’Università di Torino, contribuendo all’identificazione di numerosi geni all’origine della malattia, fra cui quello più frequente, il C9Orf72.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Neuron.
Il gene Kif5A codifica la Chinesina 5A, una proteina importante per i neuroni, poiché trasporta lungo l'assone, il 'braccio' del neurone, molecole essenziali e organelli verso le sinapsi, i punti di contatto fra le cellule nervose che permettono la trasmissione fra i neuroni di informazioni sotto forma di segnali elettrici. Le mutazioni nel gene Kif5A sembrano impedire un corretto legame tra la Chinesina 5A e le proteine che trasporta, con conseguente degenerazione delle cellule del sistema nervoso che comandano i muscoli (cellule motoneuronali). Il risultato di questa ricerca rafforza il ruolo del citoscheletro (struttura che sostiene l’assone) nella patogenesi della Sla e amplia il numero delle patologie correlate alle mutazioni del gene Kif5A.
La Sla è una malattia neurodegenerativa che colpisce prevalentemente i motoneuroni, determinando una paralisi progressiva di tutta la muscolatura. La malattia è letale in 3-5 anni e, a tutt’oggi, non esiste terapia efficace. L’attuale mancanza di farmaci in grado di curarla è in gran parte una diretta conseguenza delle scarse conoscenze relative alle cause e ai meccanismi che determinano la malattia. Negli ultimi anni, gli studi genetici hanno iniziato a far luce sul puzzle complesso alla base della patologia, rivelando alcuni dei meccanismi che contribuiscano al suo sviluppo, aprendo la strada a nuove strategie terapeutiche.
Per informazioni:
Francesca Luisa Conforti
francescaluisa.conforti@cnr.it
0984/9801216
Cnr - Il risultato è frutto di una collaborazione internazionale a cui hanno partecipato diversi ricercatori italiani, fra i quali Francesca Luisa Conforti e Sebastiano Cavallaro dell’Istituto di scienze neurologiche del Consiglio nazionale delle ricerche (Isn-Cnr).
Conforti, in particolare, oltre a rappresentare una dei genetisti di riferimento per la SLA in Italia, collabora da anni nel Consorzio ItalSgen coordinato da Adriano Chiò dell’Università di Torino, contribuendo all’identificazione di numerosi geni all’origine della malattia, fra cui quello più frequente, il C9Orf72.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Neuron.
Il gene Kif5A codifica la Chinesina 5A, una proteina importante per i neuroni, poiché trasporta lungo l'assone, il 'braccio' del neurone, molecole essenziali e organelli verso le sinapsi, i punti di contatto fra le cellule nervose che permettono la trasmissione fra i neuroni di informazioni sotto forma di segnali elettrici. Le mutazioni nel gene Kif5A sembrano impedire un corretto legame tra la Chinesina 5A e le proteine che trasporta, con conseguente degenerazione delle cellule del sistema nervoso che comandano i muscoli (cellule motoneuronali). Il risultato di questa ricerca rafforza il ruolo del citoscheletro (struttura che sostiene l’assone) nella patogenesi della Sla e amplia il numero delle patologie correlate alle mutazioni del gene Kif5A.
La Sla è una malattia neurodegenerativa che colpisce prevalentemente i motoneuroni, determinando una paralisi progressiva di tutta la muscolatura. La malattia è letale in 3-5 anni e, a tutt’oggi, non esiste terapia efficace. L’attuale mancanza di farmaci in grado di curarla è in gran parte una diretta conseguenza delle scarse conoscenze relative alle cause e ai meccanismi che determinano la malattia. Negli ultimi anni, gli studi genetici hanno iniziato a far luce sul puzzle complesso alla base della patologia, rivelando alcuni dei meccanismi che contribuiscano al suo sviluppo, aprendo la strada a nuove strategie terapeutiche.
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Francesca Luisa Conforti
francescaluisa.conforti@cnr.it
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