Dagli Stati Uniti arriva una nuova ricerca sul "coating" dei moduli fotovoltaici. Gli scienziati del NIST hanno applicato un rivestimento di micro-perline di vetro sulle celle solari, che incrementa del 20% l’assorbimento luminoso, grazie a un effetto di risonanza simile a quello delle onde sonore in una galleria acustica.
Qualenergia - Può darsi che in futuro le celle solari, in condizioni “reali” di utilizzo, riusciranno ad assorbire più luce grazie a uno speciale rivestimento di micro-sfere, che funzionerà come una versione ottica di una galleria acustica (o “galleria dei bisbigli”, whispering gallery).
Per il momento è solo una prova di laboratorio, con risultati iniziali che sembrano promettenti, realizzata da un gruppo di ricercatori del National Institute of Standards and Technology (NIST), l’istituto federale degli Stati Uniti - fa parte del Dipartimento Usa del Commercio - che sviluppa tecnologie innovative nei diversi campi delle scienze fisiche.
Questo studio per la prima volta ha esplorato l’utilizzo delle “gallerie acustiche per la luce” nelle applicazioni solari: Nanoscale imaging of photocurrent enhancement by resonator array photovoltaic coatings con la sintesi divulgativa pubblicata in una nota del NIST.
Come probabilmente molti di noi hanno avuto modo di sperimentare, almeno una volta nella vita, ad esempio chi ha visitato la cattedrale di St. Paul a Londra, che in una galleria acustica le onde sonore “viaggiano” sulle superfici curve di una volta o una cupola, tanto che è possibile sentire il bisbiglio di una persona lontana da noi.
Così i ricercatori del NIST hanno rivestito delle celle solari all’arseniuro di gallio con pellicole di nano-risonatori, costituite da migliaia di piccolissime perline di vetro - il loro spessore è pari a un centesimo di un capello umano - che amplificano la capacità del materiale fotovoltaico di catturare la luce.
I test di laboratorio hanno rivelato che le celle ricoperte di queste nano-sfere hanno assorbito mediamente il 20% di luce in più e prodotto il 20% di corrente in più, rispetto alle celle “normali”, sfruttando le risonanze generate dalle superfici curve del particolare rivestimento ARC (nanosphere-based antireflection coating). Vedi nell'immagine l'illustrazione elaborata dal NIST.
In pratica, quando la luce colpisce il nano-film, le onde luminose viaggiano tra le ondulazioni incrementando l’efficienza complessiva del modulo fotovoltaico, perché le celle sono in grado di assorbire una quantità maggiore di lunghezze d’onda dello spettro solare.
Gli scienziati sono convinti che il rivestimento potrà essere integrato nelle produzioni di pannelli fotovoltaici su scala commerciale a basso costo, perché hanno adattato una tecnica veloce ed economica, già impiegata in altri processi industriali, per “spalmare” le micro-sfere sulle celle FV.
Anziché immergere la cella in una soluzione di nano-risonatori, hanno depositato alcune gocce su un solo lato della cella stessa, per poi applicarle uniformemente sull’intera superficie con un rullo metallico (rod method).
La loro intuizione troverà la via del mercato? La sfida più difficile, anche in questo caso, è ancora dietro l’angolo: passare dai laboratori alle prove sul campo, per dimostrare la piena fattibilità tecnico-commerciale di questo tipo di fotovoltaico innovativo.
Certo è che nel campo del coating solare si stanno compiendo notevoli passi avanti a livello sperimentale,. Pensiamo anche alle recenti attività del CHOSE in Italia (Center for Hybrid and Organic Solar Energy), che ha realizzato una verniciatura di speciali materiali in grado di diminuire il surriscaldamento dei moduli, con relativo guadagno di prestazioni (vedi l’approfondimento di QualEnergia.it: Fotovoltaico innovativo, a che punto è la ricerca italiana).
Qualenergia - Può darsi che in futuro le celle solari, in condizioni “reali” di utilizzo, riusciranno ad assorbire più luce grazie a uno speciale rivestimento di micro-sfere, che funzionerà come una versione ottica di una galleria acustica (o “galleria dei bisbigli”, whispering gallery).
Per il momento è solo una prova di laboratorio, con risultati iniziali che sembrano promettenti, realizzata da un gruppo di ricercatori del National Institute of Standards and Technology (NIST), l’istituto federale degli Stati Uniti - fa parte del Dipartimento Usa del Commercio - che sviluppa tecnologie innovative nei diversi campi delle scienze fisiche.
Questo studio per la prima volta ha esplorato l’utilizzo delle “gallerie acustiche per la luce” nelle applicazioni solari: Nanoscale imaging of photocurrent enhancement by resonator array photovoltaic coatings con la sintesi divulgativa pubblicata in una nota del NIST.
Come probabilmente molti di noi hanno avuto modo di sperimentare, almeno una volta nella vita, ad esempio chi ha visitato la cattedrale di St. Paul a Londra, che in una galleria acustica le onde sonore “viaggiano” sulle superfici curve di una volta o una cupola, tanto che è possibile sentire il bisbiglio di una persona lontana da noi.
Così i ricercatori del NIST hanno rivestito delle celle solari all’arseniuro di gallio con pellicole di nano-risonatori, costituite da migliaia di piccolissime perline di vetro - il loro spessore è pari a un centesimo di un capello umano - che amplificano la capacità del materiale fotovoltaico di catturare la luce.
I test di laboratorio hanno rivelato che le celle ricoperte di queste nano-sfere hanno assorbito mediamente il 20% di luce in più e prodotto il 20% di corrente in più, rispetto alle celle “normali”, sfruttando le risonanze generate dalle superfici curve del particolare rivestimento ARC (nanosphere-based antireflection coating). Vedi nell'immagine l'illustrazione elaborata dal NIST.
In pratica, quando la luce colpisce il nano-film, le onde luminose viaggiano tra le ondulazioni incrementando l’efficienza complessiva del modulo fotovoltaico, perché le celle sono in grado di assorbire una quantità maggiore di lunghezze d’onda dello spettro solare.
Gli scienziati sono convinti che il rivestimento potrà essere integrato nelle produzioni di pannelli fotovoltaici su scala commerciale a basso costo, perché hanno adattato una tecnica veloce ed economica, già impiegata in altri processi industriali, per “spalmare” le micro-sfere sulle celle FV.
Anziché immergere la cella in una soluzione di nano-risonatori, hanno depositato alcune gocce su un solo lato della cella stessa, per poi applicarle uniformemente sull’intera superficie con un rullo metallico (rod method).
La loro intuizione troverà la via del mercato? La sfida più difficile, anche in questo caso, è ancora dietro l’angolo: passare dai laboratori alle prove sul campo, per dimostrare la piena fattibilità tecnico-commerciale di questo tipo di fotovoltaico innovativo.
Certo è che nel campo del coating solare si stanno compiendo notevoli passi avanti a livello sperimentale,. Pensiamo anche alle recenti attività del CHOSE in Italia (Center for Hybrid and Organic Solar Energy), che ha realizzato una verniciatura di speciali materiali in grado di diminuire il surriscaldamento dei moduli, con relativo guadagno di prestazioni (vedi l’approfondimento di QualEnergia.it: Fotovoltaico innovativo, a che punto è la ricerca italiana).
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