Il presidente di El Salvador: «Il governo Usa decide chi è il cattivo e chi è il buono e anche quando il cattivo diventa buono e il buono diventa cattivo».
GreenReport - La Reuters dice che gli Stati Uniti sono pronti a vietare le importazioni russe di petrolio anche senza che al boicottaggio partecipi l’Unione europea.
Lo avrebbe detto ieri il presidente Usa Joe Biden durante la videoconferenza con i leader di Francia, Germania e Inghilterra, chiedendo comunque loro un sostegno per un divieto alle importazioni di petrolio russo.
Una fonte molto vicina alla Casa Bianca ha detto alla Reuters che l’Amministrazione Biden sta trattando con i leader del Congresso Usa che stanno lavorando sulla rapida approvazione di una legge sulla sorveglianza che vieti le importazioni russe.
La Germania, il più grande acquirente di petrolio greggio della Russia, ha respinto la richiesta statunitense e il cancelliere socialdemocratico tedesco Olaf Scholz ha che la Germania sta accelerando i piani per espandere l’utilizzo di energie rinnovabili, ma che non fermerà le importazioni di energia fossile russa dall’oggi al domani.
Dopo le rivelazioni, la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki ha detto che «Al momento, il presidente non ha preso alcuna decisione sul divieto di importazione di petrolio dalla Russia. Queste discussioni sono in corso internamente, così come con i nostri colleghi e partner in Europa e nel mondo». Poi ha aggiunto: «Vorrei sottolineare che ciò che più preoccupa il presidente è garantire che continuiamo ad adottare misure per punire Putin, adottando tutte le misure necessarie per limitare l’impatto sui prezzi della benzina».
Poi la Psaki ha fatto una rivelazione clamorosa: nell’ambito dei negoziati sull’accordo nucleare con l’Iran, gli Stati Uniti stanno discutendo delle questioni relative all’approvvigionamento di petrolio con Teheran: «Naturalmente la discussione sul petrolio ne fa parte, ma l’obiettivo principale è impedire all’Iran di ottenere un’arma nucleare».
La portavoce della Casa Bianca ha anche ricordato che il coordinatore del Consiglio di sicurezza nazionale Usa per il Medio Oriente e il Nord Africa, Brett McGurk, e il consigliere senior per la sicurezza energetica, Amos Hochstein, sono andati in Arabia Saudita per «discutere una serie di questioni, tra cui la guerra in Yemen, sicurezza nella regione e sicuramente sicurezza energetica. Siamo tutti interessati a ridurre l’impatto sul mercato petrolifero mondiale, e questo ha fatto parte di quella discussione. E, in questo scenario, mi limiterò a sottolineare che [questi passaggi] sono separati. Sono percorsi e conversazioni separati, proprio come lo sono nei negoziati con l’Iran».
Come se non bastasse, la Psaki ha fatto un’altra clamorosa rivelazione, confermando che una delegazione statunitense era stata nel Venezuela “comunista” e sotto embargo di Nicolás Maduro «Per discutere, tra le altre questioni, della sicurezza energetica, nonché della salute e del benessere dei cittadini statunitensi detenuti».
Il presidente del Venezuela Maduro ha subito confermato di aver ricevuto la delegazione statunitense al Palazzo Miraflores: «Sabato scorso una delegazione del governo Usa è arrivata in Venezuela, li ho ricevuti qui a Miraflores. È stato un incontro rispettoso, cordiale e diplomatico». Secondo Maduro, i colloqui con la delegazione statuinitense sono durati due ore ed «Entrambe le parti hanno discusso questioni di massimo interesse per il Venezuela e il mondo. Caracas continuerà ad essere in contatto con il governo Biden».
Il presidente populista di El Salvador, Nayib Bukele, da tempo in rotta di collisione con Biden, ha commentato ironicamente il riavvicinamento Usa con Iran e Venezuela: «Il governo degli Stati Uniti decide chi è il cattivo e chi è il buono e anche quando il cattivo diventa buono e il buono diventa cattivo. La cosa peggiore è che miliardi di persone continuano a prendere per buoni quei discorsi e a prenderli come verità».
Poi, su Twitter ha commentato ancora: «Tutto questo è un brutto scherzo», ricordando che, nell’ottobre 2021, uno dei consiglieri di Biden per l’America Latina, Juan González, aveva detto che «Dovrebbe essere evitato che El Salvador diventi un altro Venezuela».
Il vice primo ministro russo, Alexander Novak, ha avvertito che «il rifiuto del petrolio russo avrà conseguenze catastrofiche per il mercato mondiale. Un aumento dei prezzi sarà imprevedibile: più di 300 dollari al barile, se non di più». Rispondendo anche alle dichiarazioni del governo italiano e del ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, che ha previsto che per diventare pienamente indipendenti dal gas russo «dovrebbero bastare 24-30 mesi», Novak ha aggiunto che «La Russia potrebbe interrompere il flusso di gas verso l’Europa lungo il North Stream. I politici europei devono avvertire onestamente i loro cittadini e consumatori di cosa aspettarsi».
La piega energetica che sta prendendo la guerra in Ucraina preoccupa anche la Cina e, parlando in un incontro virtuale con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Scholz, il presidente cinese Xi Jinping ha detto che «Le sanzioni contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina diventeranno un nuovo onere per l’economia mondiale, che non si è ancora ripresa dalla pandemia di Covid-19. Le sanzioni pertinenti influiranno sulla stabilità della finanza globale, delle forniture energetiche, dei trasporti e delle catene di approvvigionamento e appesantiranno ulteriormente l’economia globale, che è stata sotto il pesante fardello della pandemia, e questo è svantaggioso per tutte le parti».
Il leader cinese ha anche aggiunto che «Cina, Francia e Germania dovrebbero impegnarsi per ridurre l’impatto negativo della crisi e sostenere congiuntamente i colloqui di pace tra Russia e Ucraina, per evitare che il conflitto si intensifichi o sfugga al controllo».
Nonostante le pressioni occidentali – più mediatiche che reali – la Cina si rifiuta di condannare l’intervento armato russo in Ucraina e fin da subito ha chiesto una soluzione diplomatica negoziata al conflitto. Intanto, il commercio tra Russia e Cina è in forte espansione: secondo i dati doganali cinesi diffusi ieri, «Il fatturato commerciale tra i due Paesi è aumentato di quasi il 39% nei primi due mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, superando i 26 miliardi di dollari».
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.